LE DONNE CHE FECERO IL “GRAND TOUR”

(Recensione del libro di A. Brilli, Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure, Il Mulino, Bologna 2020, pp. 243).

Tra lo scetticismo degli uomini del tempo, diverse aristocratiche e borghesi a partire dalla metà del Settecento iniziarono a compiere il Grand Tour, il viaggio di formazione per l’Europa, che aveva come tappa imprescindibile l’Italia. Nel volume lo studioso ricostruisce i viaggi di sedici donne (in questa sede ci occupiamo di 9 di loro); ripercorre i loro itinerari, grazie anche agli epistolari, alle guide di viaggio, a testi poi pubblicati in cui loro stesse forniscono dei preziosi resoconti. Alla metà dell’Ottocento il Grand Tour è ormai abitudine consolidata di diverse esponenti di nobiltà e borghesia.  

Madame du Boccage

Nel 1756 Madame du Boccage, nata a Rouen in una famiglia altoborghese, è tra le prime donne in Europa a compiere il Grand Tour. Dama e scrittrice famosa, ospitava nel suo salotto parigino personaggi come Montesquieu, Goldoni, Alfieri. Dopo aver visitato nel 1750 l’Olanda, realizza il suo sogno di visitare l’Italia; il suo viaggio si snoda tra Torino, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli; nel viaggio di ritorno la nobildonna passa per Ancona, Rimini, Parma, Genova, visitando anche Siena, Ferrara, Montecassino. Nelle sue Lettres illustra i costumi dell’epoca, fornisce analisi topografiche della città, descrive le opere d’arte ammirate, dimostrandosi attenta e curiosa nei confronti delle nuove culture che incontra. Ottiene udienza presso il pontefice, che l’autorizza a dedicarle il suo poema su Cristoforo Colombo. 

Mary Berry

Sebbene non aristocratiche (il nonno aveva diseredato il loro padre Robert), le gemelle inglesi Mary e Agnes Berry compiono il Grand Tour nel 1783, primo di diversi viaggi in Italia. Grazie alla conoscenza di Horace Walpole, hanno la possibilità di incontrare i personaggi più illustri dell’epoca, da Napoleone a Canova, da Madame de Staël a Paolina Borghese alla regina Carolina di Napoli. Mary Bell scrive i resoconti del viaggio, mentre la sorella realizza acquarelli dei luoghi visitati. Con loro nel primo viaggio, dalle Alpi a Napoli all’appena dissepolta Pompei, c’è anche il padre. Nei viaggi a seguire hanno la possibilità di soggiornare a Genova, Bologna, Firenze, Roma e Napoli. La breve relazione di Mary col generale Charles O’Hara nasce proprio durante una visita alla Cascata delle Marmore.

Elisabeth Vigèe Le Brun

Curioso è il viaggio che porta in Italia Elisabeth Vigèe Le Brun, pittrice prediletta dalla regina Maria Antonietta e costretta per questo all’esilio nel 1789. Per lei il viaggio in Italia, raccontato nei suoi Souvenirs, diviene un vero e proprio percorso di formazione, secondo il più nobile spirito del Grand Tour. A Napoli viene accolta dall’ambasciatore francese, barone Talleyrand, da prestigiosi esponenti dell’aristocrazia; ritrae Lady Hamilton, il musicista Giovanni Paisiello, la regina Maria Carolina, sorella tra l’altro di Maria Antonietta. Si reca quindi in Umbria, poi a Firenze, dove visita anche il gabinetto granducale di fisica e storia naturale, rimanendo inorridita dalla riproduzione esatta delle interiora femminili del simulacro della Venere di cera del celebre anatomista Felice Fontana. Visita poi Venezia, Padova, Vicenza (con la villa palladiana Capra), Verona, Torino, Milano, dove contempla l’Ultima cena leonardesca.

Mary Graham ritratta da T. Gainsborough

Un capitolo è dedicato anche a Mary Graham, che col il marito Thomas esplora l’Europa, alla ricerca in realtà di luoghi dal clima favorevole per i suoi problemi polmonari; è tra i primi forestieri, ad esempio, a parlare, dopo un soggiorno a Madrid, delle opere di Francisco Goya. Non riuscì però ad arrivare a visitare l’Italia, come era suo desiderio; dopo un soggiorno a Nizza, al largo delle isole Hières, spira nel 1792; altrettanto avventuroso è il viaggio del marito per riportare la salma in Inghilterra; Thomas Graham e il cadavere verranno ispezionati dai rivoluzionari francesi. Della moglie rimane un bellissimo ritratto, che costituisce la copertina del volume, opera del pittore Gainsborough.

Elisa von Der Recke

Elisa von der Recke era divenuta famosa per un saggio scritto contro Cagliostro, famoso mago, fondatore di una loggia massonica di rito egizio in Curlandia, da cui lei stessa si era fatta in un primo momento abbindolare. Il suo Grand Tour fra Germania e Italia, effettuato col poeta Christoph A. Tiedge, si svolge tra il 1804 ed il 1806 ed è oggetto di un accurato resoconto, una sorta di giornale-itinerario. Il suo intento, oltre che di godere del buon clima italiano, è di raccontare natura, paesaggio, antichità classica, arte, costumi, reggimenti politici degli Stati italiani. Seppur scritto con l’occhio della coscienza razionalistica tardoilluminista, dal suo resoconto traspare una propensione sentimentale propria dell’epoca. A Roma l’affascina l’amalgama meraviglioso di resti di tutte le epoche, a Venezia è colpita anche dalle piazze del mercato, in cima al Vesuvio afferma: “emisi un profondo sospiro su questo paradiso perduto”. Con spirito illuminista afferma che ai processi di canonizzazione della Roma papale preferirebbe il culto delle virtù civiche. Non le sfugge l’anomalia di un paese in cui è assente la classe media e in cui la popolazione si divide tra indolente aristocrazia e popolo miserabile.   

Catherine Wilmot

Nel 1801 Catherine Wilmot accetta l’invito dei conti Cashell a compiere un viaggio biennale attraverso Francia e Italia, accettando di redigere il diario dell’escursione (An Irish Peer on the Continent), sotto forma di una lettera al fratello. Ci lascia incisive descrizioni di Napoleone, osservato a Parigi da una finestra delle Tuileries, di Talleyrand, di David. Ha modo di osservare nella capitale francese le opere artistiche sottratte all’Italia dalle razzie napoleoniche (ad esempio i cavalli di San Marco posti a guardia ai cancelli delle Tuiliers). A Firenze, di cui enumera lungamente le opere d’arte, osserva che la Tribuna è priva delle stature che non molto prima ha ammirato a Parigi. Napoli, che la affascina, è descritta come città dell’opulenza, dell’ostentazione, dello sfarzo e del lusso.   

Anna Jameson

Anna Jameson sceglie di far raccontare il suo viaggio in Italia a un personaggio di fantasia, una giovane donna che soffre di malinconia d’amore. Il suo diario, A Lady’s Diary, viene pubblicato nel 1826, traendo spunto dal viaggio in Italia che aveva compiuto nel 1821 come governante dei figli della ricca famiglia inglese Rowles, per poi essere ripubblicato dal prestigioso editore Colburn col titolo The Diary of an Ennuyée, ovvero di una donna malinconica. L’Italia è il luogo dove si può ancora godere del pittoresco o delle emozioni estetiche. La Jameson compirà numerose escursioni in Italia negli anni successivi, scrivendo a proposito delle opere d’arte italiane del Trecento e del Quattrocento (periodi che la cultura vittoriana valorizza); viaggiò anche nel Nord America e in Canada.

Marguerite Blessington

Il viaggio in Italia di Marguerite Blessington col marito e il dandy Alfred d’Orsay è un viaggio alla ricerca di Byron, incontrato “dal vivo” dai tre a Genova e “metaforicamente” nei luoghi e nelle ville da lui frequentate in giro per l’Italia. La donna era al centro dei pettegolezzi: dietro compenso a 14 anni era stata data in sposa al capitano Maurice St. Leger Farmer, sadico e soggetto a crisi di follia; fuggita, era finita tra le braccia del capitano Thomas Jenkins e in pratica ceduta, ancora per denaro, al Conte di Blessington. Il suo viaggio in Italia e il suo diario (The Idler in Italy) sono il suo mezzo di riscatto della sua immagine di oggetto sessuale e lussuosa merce di scambio. Registra tragitti, soste, incontri, eventi, con particolare attenzione ai personaggi famosi dell’epoca che incontra; trascorre tra l’altro, due anni, a Napoli, in una villa del Vomero. Ci ha lasciato anche un volume dal titolo Conversations with Lord Byron.

Curiosa e puntigliosa nel descrivere e nell’esplorare luoghi, attrattive e alberghi si dimostra anche Jessie E. Westropp, che ci ha lasciato le lettere rivolte al fratello, Summer Experiences of Rome, Perugia and Siena, e degli schizzi pittoreschi, poi trasformati in litografie. Le sue lettere, scritte tra il 1853 e il 1854 tradiscono un intento didattico; ella spiega che un turista in Italia debba avere una conoscenza della cultura antica e del latino, oltre a una preparazione nella pittura e nella scultura. Si comporta come le donne borghesi che, ormai, alla metà dell’Ottocento, si mettono in viaggio per il continente. Descrive le fastose cerimonie religiose cui assiste, le residenze temporanee nelle città collinari dell’Italia centrali; è stata infatti costretta da un’epidemia di colera ad allontanarsi da Roma; il viaggio la porta a Perugia, in cerca dell’aria buona che all’epoca era ritenuta la prima difesa contro il contagio. È molto attenta al racconto della ricettività alberghiera, della gastronomia, dei costi e della burocrazia della vita quotidiana italiana.

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